GENE GNOCCHI - L'invenzione del balcone

Intorno a loro un mondo già finito, dove un certo Hannibal Lecter, che ha fatto del cannibalismo del pensionato una carta per vincere le elezioni, aspetta l’immunità parlamentare per poter governare. In uno stile da farsa, da opera buffa, procedono i protagonisti – tutti rigorosamente non inventati – per raccontare una loro storia alla rovescia. Camillo Valbusa, una specie di protagonista-venditore ambulante di siero antivipera, ha un figlio che picchia i compagni a scuola e non ha il telefonino per andare su YouTube. I genitori provvederanno spaventati all’idea di non aver insegnato niente di buono alle generazioni future. L’invenzione del balcone è una perfetta parodia del romanzo post-moderno e anche post-mortem (dell’autore che muore in corso d’opera): frammenti di diario, lettere all’editore, o meglio sugli editori, carteggi ritrovati, interviste postume. Insomma, Gene Gnocchi, ridendo e scherzando, prende tutti i luoghi comuni della cultura moderna e li fa a pezzetti, mette in corto circuito le leggende metropolitane – dal copia copia di Albano e Michael Jackson a quello di Umberto Galimberti. Nel farlo, mette in scena un mondo di povera gente, pensionati disperati, solitudini inconsolabili, amori finiti, amori mai trovati, disoccupati e cassaintegrati, mentre il mondo dei capitani d’industria è impegnato sul set di un porno e Emma Marcegaglia discute con i sindacati del settore. Lo fa con modi della black humor tradizionale: descrive minuziosamente ogni passaggio, scompone e ricompone il reale fino a farlo sembrare un fatto assurdo e così ancora più reale. Ma se il vero antagonista dell’autore è il mondo letterario, cos’è infine questa requsitoria, se non la traccia fortissima di un amore infranto? Allora L’invenzione del balcone mostra il suo lato più tenero, quello del lettore innamorato che vuole essere risarcito delle sue delusioni.
Gene Gnocchi è nato a Fidenza nel 1955. Comico, attore, conduttore, autore televisivo e teatrale. Per Bompiani ha pubblicato Il mondo senza un filo di grasso (2004). Scrive sempre pentendosi e non si è mai imbattuto in felicità altrui. Risulta molto più giovanile dal vero.