Un'intervista a ... ELENA VICHI

I suoi quadri colpiscono per la loro particolarità, sembrano stratificati come fossero la fusione di più dipinti sovrapposti.
Posso dire che con le opere di Elena Vichi hai la sensazione di vedere il mondo attraverso un caleidoscopio, infiniti frammenti di vita ed emozioni.
La sua è una pittura che stupisce e rapisce per la sua bellezza, che arriva dritta al cuore. Uno stile ricercato e molto personale, Elena Vichi è sicuramente un’artista di spessore dalla cifra precisa e inimitabile.

Cosa raccontano i tuoi dipinti?
Parlano di storie, di racconti, di momenti di vita… degli altri. Delle persone che arrivano al cuore, come hai detto tu, nella speranza di far arrivare al cuore di chi guarda ciò che ho provato. Difficilmente parlo di me, io sono il filtro e se lo faccio è inconscio e per empatia nell’aver vissuto la stessa esperienza. Ciò che mi emoziona di una storia, magari familiare per esempio vissuta nel passato, è di fermare il ricordo, di lasciare una traccia, un mio modo di scrivere le memorie. Che sia in stile figurativo o un paesaggio, l’opera parla di qualcuno, vorrei fermare così tanti momenti che le immagini sono sempre troppe, come mi insegnano … bisognerebbe togliere, togliere! A prescindere dall’essere uomo o donna, l’emozione è fondamentale, ma i soggetti preferiti sono femminili il cui universo è aperto e desideroso di migliorare e pieno di sentimento.
Che differenza passa per te tra memoria e ricordo?
Lavoro sempre, posso dire anche purtroppo, su situazioni che sono già state vissute, un modo per elaborare l’esperienza, quindi non sono lavori istintivi e di getto, l’istinto è utilizzato solo nella composizione. Mi interessa fissare una verità, seppur parziale perché mia, senza nostalgia di un ricordo così che divenga memoria collettiva. La memoria di un evento che sia intimo o pubblico è condivisa da tutti, entra nel nostro sentire quotidiano.
La scelta cromatica è sicuramente un tuo segno distintivo, da cosa nasce?
Ecco questo è istintivo. Sono i colori della propria anima. Dallo studio a scuola della pittura nella storia dell’arte, cresciamo tutti con delle preferenze, scelte di tonalità che ci risultano familiari, credo, nel mio caso i colori fossero già gli stessi di oggi. Negli anni ho provato, sperimentato altre cromie, adoro il futurismo, quanti toni freddi, guardi un quadro di un pittore che ti piace e pensi “voglio provare anch’io chissà magari trovo la mia strada, la mia indole…. poi sono “tornata a casa” ai colori dei primissimi lavori adolescenziali. I colori caldi richiamano dentro di me alla vitalità delle emozioni, non so perché, alla terra, alla roccia, al legno, al ferro, alle cose semplici, alla povertà… non so spiegare il motivo, alla semplicità anche se questo modo di dipingere non è semplice.
Io penso che per i cromatismi valga un pò come per gli abiti, inconsciamente si è attratti da quelli che rispecchiano meglio la nostra personalità e in sintonia con la propria sensibilità. Anzi, forse sono loro a scegliere noi e non il contrario. Ecco perché per un artista la scelta dei colori non può che essere istintiva proprio come dici tu, sei d’accordo?
Pienamente, molto probabile che la scelta non sia nostra, ma inconscia, considerando che ad ogni colore è legato uno stato emotivo e una sensazione personale. Come mi insegna un’amica, nello shiatsu ogni colore che la nostra mente vede ha un significato ben preciso, senza inoltrarsi nell’analisi psicologica, ogni persona ha le sue gradazioni.
Si nota subito che i tuoi quadri sono molto elaborati, quanto tempo impieghi di solito per realizzarne uno?
Effettivamente non riesco a essere prolifica, solitamente impiego più di una settimana per ultimare un dipinto, i più complicati hanno richiesto mesi. Sono insicura, pignola, prima di fare, ci penso molto. Studio il soggetto, i particolari della sua vita, per un argomento che conosco poco, anche un mese, come è stato per Zeno Colò, il discesista italiano. Poi la tecnica mi costringe a fare delle pause dal momento che do il colore, poi quando asciutto lo tolgo. Mi piacciono i forti contrasti di luce e ombra, la monocromia, uso una ristretta tavolozza di colori, taglio le immagini per destabilizzare l’osservatore, perché racconto un percorso emotivo umano che non è mai semplice e che richiede un’pò di attenzione e profondità nell’osservare.
Quando e come nasce Elena Vichi artista?
Ancora non l’ha fatto, non mi considero tale, mi sento più artigiana, in un percorso pratico ed emotivo in crescita o in movimento. Dipingo da tanti anni, ho iniziato dopo il liceo veramente, a scuola tanto disegno, ma poca tecnica pittorica. Non è facile affacciarsi al mondo artistico, perché richiede una dose di autostima che forse a me è mancata, la vita del pittore è complicata, la gavetta è necessaria, si impiega molto tempo a trovare una propria dimensione, a studiare un proprio linguaggio di espressione, quando l’hai trovato, non sei più ragazzino. Comincio ora che la maturità me lo permette, ad avere il coraggio di mostrare ciò che faccio, ad aver la consapevolezza che si migliora con la pratica, in poche parole a vivere in una dimensione che mi rende felice. Dove mi porterà poco importa, ho bisogno di dipingere, la necessità di esprimersi è di tutti, io lo faccio spero in modo aperto, nelle immagini delle mie opere.


Elena Vichi è nata a Ravenna nel 1967. Diplomata al liceo artistico P.L. Nervi di Ravenna, vive a Russi (RA) dove attualmente opera. Diploma di “Restauratore di mobili d’arte”, esperienza di restauro di mobili antichi a Imola e a Russi, dipinge e si presenta al pubblico esponendo dal 1988. Negli ultimi anni ha esposto a Ravenna, Faenza, Forlì, Ferrara e si è distinta in numerose collettive e concorsi nazionali.



Intervista per ART OPEN SPACE
a cura di Cristina Polenta


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