L'artista si racconta: MICHELE LIPARESI

Intervista dedicata a Michele Liparesi, altro finalista del contest My Mono 2018 di Art Open Space. Artista nato a Bologna, terminata la specialistica a Firenze in Arti Visive e Nuovi Linguaggi Espressivi-indirizzo Scultura nel 2015, riceve una menzione speciale alla Fondazione Giuseppe Lazzareschi. Vince il terzo premio alla XII edizione del Premio Nocivelli, Brescia 2015 e il secondo premio a “Arte giovani XII edizione Marsciano” nel 2016. Segnalato dalla giuria al “Combat prize 2017” a Livorno e alla diciottesima edizione “Arte in arti e mestieri 2018” della Fondazione Bertazzoni di Suzzara. Si aggiudica il primo premio scultura all'A.M.A. Festival a Chiari nello scorso ottobre.

Negli anni della mia formazione nulla mi ha arricchito più che l'approcciarmi a materie artistiche; le emozioni più forti le ho vissute, e le ho generate, col modellato che mi ha permesso di dare forma a materiali consueti e non.
É difficile pensarmi al di fuori del mio lavoro, pensarmi senza i miei strumenti, senza il flessibile, senza le pinze e senza uno spazio adeguato dove lavorare.. ho investito la mia vita di questo, ho scelto di rinunciare a molti comfort quotidiani per potermi permettere di seguire il percorso che ho scelto. Vivo con le mie sculture e mi sono messo nelle condizioni di farlo per poter mettermi in gioco con me stesso, per poter giorno dopo giorno sfidare le mie capacità nel mentre che do senso e trasformo l'esistente/za.

Le mie opere sono sculture figurative fortemente evocative, prodotte perlopiù dando forma alla rete metallica, appaiono come involucri di animali modellati in grandezza naturale (felini, rapaci, primati), formati quasi come una sintesi digitale; penso che possano suscitare in chi li vede varie e personalissime emozioni, dalla costrizione, allo stupore, alla libertà.
Tra queste, alcune opere sono sculture interattive: vengono animate dall'azione spontanea dell'osservatore che da “spettatore” lo invito a partecipare, con una torcia. Queste installazioni consistono in trofei di caccia di cervidi che, disposti in una stanza buia illuminati di luce fioca, evocano la morte dell'animale fin quando l'osservatore si fa attivo e, con le torcie supplementari a disposizione, li illumina. Così li rianima, interagendoci, perche si producono sulle pareti disegni prospettici che si  muovono; gli animali di rete vengono in questo modo liberati dalla loro staticità.




Mi dedico anche a recuperare e dare nuova esistenza a materiali di scarto.
Puliti, modificati, sabbiati, verniciati ed assemblati mi hanno portato alla creazione di una serie di sculture luminose. In  “Agglomerati Urbani” ho riciclato elementi di computer, piccoli e grandi pezzi metallici di materiali elettrici, elementi di lettori CD, lavatrici, ecc.. Ho inventato architetture urbanistiche assemblandoli e quando viene accesa la piccola luce all'interno della scultura, l'osservatore può godersi lo spazio imprevedibile che prende forma intorno a lui.
Tramite il recupero di materiali, ho potuto progettare opere di design per interni realizzando pareti costituite da elementi assemblati (cassette in plastica, scolapiatti in ferro, buchette della posta in legno, ecc.) che a secondo della luce solare o artificiale presente, producono anch'esse cangianti trafori di luci ed ombre. Uno tra i miei piu cari lavori è anchesso all'80 % tutto di recupero, è un prototipo simbolico per un lavoro permanente da piazza : Base monumentale1. È un opera che ho iniziato a pensare quando vivevo a Firenze, citta coi monumenti recintati, con le basi dei monumenti recintati, dove molte piazze sono sempre meno un punto di ritrovo quanto invece quotidianamente sono gremite di turisti e quant'altri di passaggio.    Ho pensato a un monumento apparentemente classico ed efficace alla socialità, nel senso che la base del mio monumento aprendosi permette di “abitare” la piazza. Le quattro pareti dell'opera sono descrittive, vi sono bassorilievi in colla a caldo che danno istruzioni di come e di cosa servirsi aprendo una delle “ante”. La base monumentale aperta offre uno spazio per cucinare, uno spazio dove leggere o studiare, una poltrona e un letto.

Durante il liceo, quando vivevo con i miei genitori, nella mia camera avevo ridotto al massimo lo spazio che non riguardava l'arte, vivendo in mezzo all'argilla e alle sculture. Del mio percorso artistico ho iniziato a percepirne la concretezza e le possibilità quando ho preso il primo laboratorio con dei compagni dell'Accademia di scultura di Bologna; questo è stato un periodo dove il mio lavoro ha incominciato a definirsi organizzando le prime mostre e ricevendo le prime commissioni.

La prima volta che ho ricevuto un premio è indimenticabile, era il 2012, durante una esposizione collettiva a Milano; oltre alla soddisfazione di essere stato premiato mi è rimasto impresso il ricordo di un grande affiatamento insieme a sei amici artisti con i quali organizzai il viaggio da Bologna. Riempire completamente il furgone di opere, tra sculture e quadri, la complicità nell'allestire la mostra, la felicità di compartire l'evento rese l'esperienza una giornata memorabile.

L'Arte? Per me è tutto e niente. L'umano. Ciò di poco utile per il quotidiano ma essenziale per la storia. Mi viene in mente la libertà espressiva e l'estraneità dal comune.